Torino, Petrachi: “Tornare è stato emozionante. Ambizione Europa? Senza quella, era inutile ripresentarsi”

Il ritorno del Ds del Torino, Gianluca Petrachi, è oggetto di discussione. Il direttore ha avuto modo di esprimersi sulla questione. Ecco le sue parole.

Quando è nata l’idea?

“Vedo tanti volti conosciuti, abbiamo già vissuto anni belli e intenso ed è bello tornare nella mia casa per dieci anni. Non ero più tornato a Torino, rientrarci è stato pieno di emozioni. Non è stata una cosa pensata o studiata, con Cairo ci siamo sentiti quando il Toro ha giocato a Lecce ma non è venuto. Poi, all’improvviso, mi ha fatto percepire che c’era qualcosa che poteva nascere. Voleva capire se io potessi pronto a tornare e avessi le motivazioni, ho risposto che sono nato pronto. Sono arrivato di notte”. 

Come intende lavorare per colmare il gap?

“Da fuori, ho notato una cosa e cercherò di lavorarci: è come se ci fosse uno scollamento. Il senso di appartenenza è la priorità. Da calciatore non ho capito cosa fosse il Toro, da dirigente è stato un altro mondo. Ho capito la mission, qui si entra in un club diverso. E il senso di appartenenza per tutti i giocatori deve essere rimarcato e bisogna anche farlo capire loro. Cercherò di comprendere il senso di appartenenza, ho cercato sempre di creare un senso di famiglia: voglio risentire quel calore, voglio ricreare quella sinergia. E, se possibile, alimentandola con la gente. E’ il mio sogno”. 

Si è fatto un’idea sulle problematiche del Toro? Cosa serve a gennaio?

“Mi sono fatto delle idee, è giusto che sia così. L’idea più importante la sviluppi insieme al tecnico: con lui ho chiarito alcune tematiche tattiche, come secondo lui è giusto giocare ed eventuali correttivi. Ho le idee più chiare, ho passato la giornata con Baroni e mi ha dato linee guida e non devono esserci equivoci tattici. Magari ci sono calciatori scontenti e dobbiamo prendere giocatori funzionali. Non sarà una mercato di rivoluzione, ma riparazione. Magari manderemo a giocare qualche giocatore che nel 3-5-2 trova poco spazio e che aveva più senso in un 4-3-3 o 4-2-3-1”. 

Qual è l’errore che non rifarebbe?

“Magari nell’ultimo anno ero in una situazione, dopo nove e anni e mezzo, avevo stanchezza mentale e mi sarei dovuto confrontare con il presidente. Succede anche tra moglie e marito, a volte qualcosa non va alla perfezione. Questo è stato l’errore che non commetterei più. Sono qui a riprendermi ciò che ho lasciato, con tutta l’esperienza e conoscendo la piazza posso dare qualcosa in più per crescere il club per come merita”

Si può ripetere un ciclo che porti in Europa? C’è una base buona?

“Senza ambizione di poterlo fare, era inutile presentarsi. Voglio risentire i tifosi cantare al San Mamès, è stata una delle gioie più grandi del mio ciclo. Mi ha lasciato ricordi incredibili e non vorrei che rimanessero solo ricordi. Darò più di ciò che posso per arrivare a obiettivi che il Toro deve e può meritare”

La prima era partì con una bomba carta…

“Anche ieri, magari è di buon auspicio. Avranno pensato, ‘E’ arrivato Gianluca”. 

Ha avuto colloqui individuali?

“I calciatori, quasi sempre, danno tutto anche per le persone che lavorare per loro. Penso a magazzinieri, medici, team manager, a tutti: se non scatta l’empatia… Le gioie più importanti sono per la gente che lavora per i ragazzi. Il mio senso di appartenenza parte dalle radici. Dobbiamo avere compattezza, se un ragazzo non sente cos’è il Toro lo deve capire. Perdere o vincere non è la stessa cosa. Ora partiranno tutti i colloqui con i giocatori, voglio capire chi vuole restare e chi vuole andare via. Ho parlato con qualcuno ieri, ma velocemente perché la cosa più importante era parlare con l’allenatore”.

E’ peggio il momento in cui arrivò con le bombe carta oppure oggi con la squadra isolata al Filadelfia senza connessioni particolari con la tifoseria?

“Sicuramente quello fu un momento molto difficile, si era in B e in zone basse della classifica vicino ai play-out. C’era un tutto contro tutti, i giocatori in parte furono aggrediti e fu complicata. Non nascondo che trovo che oggi ci dobbiamo rendere che la situazione non è semplice. Alla squadra ho detto che voglio vederli cattivi, con il coltello tra i denti. Dobbiamo renderci conto che distiamo quattro punti dal baratro: sono stanco di sentire che la squadra è forte tecnicamente, perché la squadra deve vincere i contrasti. Se non metti garra, fai fatica perché non sei metallizzato su un certo tipo di campionato che purtroppo si è palesato. Dobbiamo uscire immediatamente dalle sabbie mobili. Con la Cremonese voglio una squadra che lotti e che vinca i duelli. Contro il Milan ho visto un primo tempo di coraggio, nella ripresa si è abbassata. Ho detto al mister che non mi piace abbassarti, perché il gol te lo fanno. Dobbiamo stare lontani dalla nostra parte. Inizieranno a conoscermi…”

Sarà un mercato creativo come nel 2010?

“Se non sei bravo a farne uscire uno, ti crea problemi. Devo essere aiutato a fare collaborazioni furbe e intelligenti: se devo prendere un braccetto e liberare un trequarti…Non è solo creatività, di sicuro il mercato di gennaio è complicato e quando sono arrivato tanti giocatori volevano scappare. Oggi in tanti vogliono restare, ma devono dimostrarmelo”.

Qual è l’urgenza più assoluta in vista della Cremonese? Cos’ha chiesto a Baroni?

“A Baroni ho chiesto di fare il Marco Baroni che conosco, di tirare fuori tutto ciò che ha dentro. Abbiamo giocato insieme a Lecce, è sempre stato uno caratteriale: da calciatore era cazzutissimo, da allenatore voglio che tiri fuori ciò che ha dentro. Marco può e deve fare di più, gliel’ho detto. Mi aspetto che la squadra gli somigli. Baroni è un grande lavoratore e ha temperamento: l’unica cosa che deve fare, è pretendere dai suoi giocatori che questa è la squadra di Baroni. Nella sua Lazio vedevo voglia di aggredire e di non stare in attesa, oggi il Toro deve avere un’identità. Pretendo che Baroni trasmetta le sue caratteristiche”. 

Che risposta si aspetta sabato?

“L’ho detto a Baroni, la Cremonese mi fa paura. A Bologna hanno giocato sugli errori degli avversari e sulle lacune, sfruttandole al meglio. Sarà una gara difficile, Nicola lo stimo e che studia molto gli avversari. Dobbiamo capire che sabato per noi è da coltello tra i denti. Se non lo capiamo, è un problema: è un messaggio che sto cercando di infondere. Un giocatore deve pensare che se viene saltato da un avversario, è una sconfitta. Dobbiamo vincere i contrasti, altrimenti ci passano come gli indiani. Ci sono tre o quattro leader che devono portare dentro i compagni: le gare si vincono vincendo i duelli personali, noi ne vinciamo pochi”. 

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